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15 febbraio 2014 6 15 /02 /febbraio /2014 18:39

Non sapete quale sia il vostro sesso? Ci pensa Facebook. Come? introducendo ben 50 possibilità di scelta nell'indicare il proprio sesso: non più i semplici maschio e femmina, ma anche transgender, androgino, gay, lesbica e chi più ne ha più ne metta, fino ad arrivare a un massimo di 50 opzioni disponibili.

http://www.themarysue.com/wp-content/uploads/2014/02/facebook-gender1.png

Chiaramente una novità simile va gestita anche dal punto di vista della privacy (dato che purtroppo l'orientamento sessuale non è esattamente la cosa più semplice da gestire) e il team di sviluppo ha pensato di rendere questa scelta opzionale, in modo che l'utente possa decidere se e a chi mostrarla. Non solo: sarà anche possibile gestire più di un genere, in modo da mostrarsi come meglio si crede a seconda del caso.

Un bel segnale di apertura verso queste comunità, anche se per ora sarà possibile iscriversi a Facebook e scegliere uno di questi nuovi generi solo per gli utenti di lingua inglese, anche se l'estensione a tutte le altre lingue è stata già programmata e dovrebbe avvenire nel più breve tempo possibile.

 

 

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1 febbraio 2014 6 01 /02 /febbraio /2014 19:39

Nato nel Febbraio 2004 dalla mente di Mark Zuckerberg, Facebook festeggia i 10 anni di vita. Probabilmente quando insieme a i due colleghi di studi Eduardo Saverin e Dustin Moskovitz rilasciò la prima versione del suo social network per i soli studenti di Harward nessuno dei tre immaginava che dieci anni dopo sarebbe diventato il sito più visitato del mondo con oltre 1 miliardo di utenti attivi e con 70 lingue ufficiali.

Un successo senza precedenti, che ha mostrato agli utenti un modo completamente nuovo di interagire e che può essere definito un'autentica rivoluzione nel modo di usufruire del web.

Dalle ultime statistiche sull'utilizzo di Facebook infatti circa il 60% degli utenti si collega quotidianamente, l'85% almeno una volta a settimana e il 93% almeno una volta al mese.

Potrebbero sembrare semplici numeri, ma se non bastassero a rendere l'idea dell'importanza di FB nella vita di tutti i giorni allora sappiate che negli USA le aziende più importanti prima di assumere un candidato fanno un controllo sul suo profilo per avere maggiori informazioni sulla sua personalità, le sue abitudini e la sua affidabilità lavorativa. 

Non solo: Facebook è diventato anche uno strumento importantissimo per aziende, artisti e politici, che grazie ad esso riescono ad avere un rapporto più stretto con clienti e fans (raccogliendo anche qualche insulto più o meno meritato, ma questo è un altro discorso).

Una cosa impensabile 10 anni fa, quando il massimo dell'interazione fra personaggi pubblici e fans erano i siti ufficiali e al massimo qualche forum. Il social network di Mark Zuckerberg poi è riuscito nel corso di questi anni a difendersi da una concorrenza quanto mai agguerrita: piattaforme più o meno simili sono nate, cresciute e in alcuni casi morte senza minimamente intaccare la leadership di Facebook

Ad ogni modo non mancano i detrattori e le previsioni apocalittiche di alcuni studi prevedono la morte di Facebook entro i prossimi 3 anni; ma sarà davvero così? Difficile crederlo.    

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24 gennaio 2014 5 24 /01 /gennaio /2014 17:17

Per i social addicted si aprono scenari agghiaccianti; almeno questo è quello che ci dice un team di ricercatori di Princeton che applicando un algoritmo utilizzato per le epidemie virali ha simulato lo sviluppo di Facebook dalla sua nascita in poi. 

In pratica la sua diffusione fra gli utenti è stata paragonata a quella di un virus e risultati ottenuti sono piuttosto preoccupanti per Mark Zuckerberg: secondo quanto emerso dalla simulazione di John Cannarella e Joshua A. Spechler infatti il 2013 appena conclusosi sarebbe stato l'anno di picco dell'epidemia Facebook e in questo periodo sarebbe iniziata la sua fase discendente.

Addirittura, secondo le previsioni dell'algoritmo già nel 2014 Facebook potrebbe perdere il 20% degli utenti, per arrivare addirittura a perderne l'80% entro il 2017.

Chiaramente parliamo di una simulazione basata su ipotesi tutte da verificare; anche se per certi versi è difficile immaginare che il boom del social network più famoso del mondo potesse continuare all'infinito, è anche vero che prevederne un rapido declino sembra esagerato.

La concorrenza oltretutto non sembra così agguerrita e l'unico vero rivale, ovvero Google Plus, nonostante gli sforzi della casa madre non è mai riuscito a rappresentare una vera minaccia per Facebook

   

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18 gennaio 2014 6 18 /01 /gennaio /2014 16:22

Edward Snowden non finisce di stupirci: periodicamente l'ex-spia della National Security Agency rivela qualcosa riguardo le attività dei suoi (non più) datori di lavoro.

E ogni volta sono notizie negative per quello che riguarda la privacy di chiunque possieda e utilizzi un oggetto tecnologico.

Stavolta il problema riguarderebbe gli sms, utilizzati dalla NSA in maniera (piuttosto inconsueta a dire il vero) tale da tracciare la posizione e gli spostamenti delle loro vittime.

Tutta colpa del roaming, ovvero il passaggio sotto altro operatore che avviene quando ci si trova all'estero; secondo quanto scoperto da alcuni giornali inglesi infatti la NSA avrebbe raccolto dal 2011 in poi ben 200 milioni di sms, tutti o quasi con una cosa in comune: erano gli sms destinati agli utenti che si trovano sotto copertura di una rete straniera e inviati dagli operatori allo scopo di avvisarli delle tariffe internazionali.

Grazie ad essi l'agenzia per la sicurezza americana è venuta a conoscenza degli spostamenti di migliaia (o forse milioni) di persone, riuscendo così a tenersi sempre aggiornata sulla posizione dei sospetti terroristi.

http://abcnews.go.com/images/Blotter/HT_nsa_secret_tk_141013.jpg

Una strategia puttosto semplice, ma tutto sommato efficace: gli sms infatti viaggiano in chiaro e sono quindi intercettabili abbastanza facilmente. Una volta scoperto che la vittima è in un Paese estero per la NSA deve essere stato immediato chiedere alle autorità locali il permesso di ricevere tutti i dati inviati da questi all'interno dei loro confini.

Il problema è sempre lo stesso: che fine fanno i dati di chi non c'entra niente coi terroristi ed è stato solo sfortunato a finire nella stessa cella di rete di un sospetto criminale?

Sappiamo che la NSA per sicurezza traccia anche i cellulari vicini ai sospetti alla ricerca di eventuali complici, ma non sappiamo come vengono trattati una volta appurato che questi sono estranei a qualsiasi azione terroristica. 

Ovviamente dagli USA arrivano velocissime le rassicurazioni: secondo la NSA sono stati intercettati solo i cellulari di potenziali terroristi e/o criminali, con i dati degli onesti cittadini immediatamente cancellati. Ci sarà da crederci?

 

 

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3 gennaio 2014 5 03 /01 /gennaio /2014 17:17

http://4.bp.blogspot.com/-Sf8wrNSJgr0/T23YF1t8evI/AAAAAAAAAis/Yc4KXj1xxdo/s1600/Bot-2.jpgInternet è oramai indispensabile per chiunque lavori, studi o semplicemente abbia bisogno di informazioni.

Ma, a sorpresa, non è l'attività dell'uomo quella che genera più traffico; colpa dei bot, ovvero dei programmi più o meno complessi che utilizzano internet per la ricerca di informazioni da utilizzare poi per gli usi più disparati, sia legali che illegali.

Una ricerca di una società specializzata degli USA ha infatti messo in evidenza come il 61.5% del traffico generato in internet è dovuto ad operazioni automatizzate provenienti dai milioni di bot attivi nel mondo.

Bot che analizzano siti di ogni tipo allo scopo di prelevare le più svariate informazioni e che sebbene nella maggioranza dei casi siano software regolari, utilizzati dai provider per migliorare l'esperienza in internet degli utenti e rispondere alle loro ricerche con risultati sempre più accurati e precisi (si pensi ad esempio alle pubblicità mirate e ai banner che compaiono sui social networks), possono anche essere cattivi

In questo caso i dati collezionati sono per lo più informazioni personali utilizzate dagli utenti per accedere ai propri account di posta elettronica, informazioni bancarie, conversazioni via chat ecc. 

Sempre secondo la ricerca, il 30% del traffico generato dai bot appartiene a questa categoria; un dato preoccupante se si pensa che in media in un mese i software automatizzati visitano più di 20mila siti, con oltre un miliardo e mezzo di pagine analizzate. 

Una quantità di informazioni notevole, che bisogna proteggere nel miglior modo possibile proprio per evitare che finiscano in mani sbagliate e che vengano utilizzate per scopi fraudolenti. Ma come?

La maggior parte del lavoro dovrebbero farla i provider, implementando algoritmi di ricerca sempre più a prova di bot e che riescano a limitare la loro influenza sulla generazione del traffico internet.

 


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2 gennaio 2014 4 02 /01 /gennaio /2014 10:01

Che la pirateria musicale sia uno strumento che danneggia gli artisti è una notizia più o meno nota. Quello che non si sapeva è che ci sono anche degli aspetti positivi della vicenda, che alcuni esponenti del mondo musicale possono sfruttare a loro vantaggio. 

Almeno questo è quello che starebbero facendo gli Iron Maiden, che avrebbero utilizzati i dati relativi ai download illegali dei loro dischi (presi da MusicMetric) per pianificare le date del loro ultimo tour mondiale.

http://hdwpapers.com/download/iron_maiden_wallpaper_animated-1024x768.jpg

Il discorso è piuttosto semplice: se in un dato Paese ci sono molti utenti che scaricano i miei brani vuol dire che molto probabilmente ci sono migliaia di miei fan che pur non disposti a comprare legalmente i miei dischi (perchè costano troppo o per altri motivi non lo sappiamo) potrebbero decidere di comprare un biglietto per un live; da queste ipotesi a scegliere proprio quel luogo per organizzare una delle date di un tour il passo è breve.

Ovviamente arrivata la notizia è arrivata anche la smentita di MusicMetric: la lotta contro la pirateria è sempre attuale e diffondere l'idea che in qualche modo gli artisti la possano utilizzare in modo da guadagnarci non è proprio il massimo, specie se lo slogan delle major contro i pirati è "la pirateria danneggia gli artisti".   

Qualche dubbio però ci resta: leggendo un pò i dati infatti si vede in effetti è il Sud America la patria dei fan degli Iron Maiden. Proprio dove ci sono stati gli ultimi concerti; un caso?  



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26 dicembre 2013 4 26 /12 /dicembre /2013 10:10

In questi giorni si è sentito parlare spesso di webtax, ovvero il provvedimento preso dal Governo Italiano nei confronti delle aziende estere di alto profilo tecnologico e in generale di tutte le aziende che fanno parte del settore web/editoriale.

Ma di che cosa si tratta? In pratica aziende come Google, Facebook ecc. per poter operare nel nostro Paese saranno obbligate ad aprire una partita iva italiana; infatti, secondo quello che dice la propsota di legge, non sarà più possibile acquistare servizi da aziende che non operino fiscalmente nel nostro Paese.

http://www.boorp.com/notizie_articoli_news_post/foto_immagini_boorp/web_tax.jpg

In questo modo i ricavi ottenuti in Italia da pubblicità, vendite online e quanto altro faccia guadagnare denaro saranno tassati secondo il regime fiscale italiano e non all'estero come avviene fino ad oggi. 

Ad alcuni sembra un provvedimento legittimo e sensato: perchè mai i guadagni fatti in Italia dovrebbero essere tassati dall'Irlanda o dal Lussemburgo (dove ad esempio ci sono le sedi legali di Facebook e Amazon)?

Per altri invece è un provvedimento illegale che è contrario a quanto stabilito dall'Unione Europea circa la libera concorrenza e che scoraggerà le aziende a investire in Italia.

Il classico pasticcio italiano insomma; per ora la legge è passata sia alla Camera dei Deputati che al Senato, ma prima di capire se sarà applicata oppure no è necessario aspettare il parere dell'Unione Europea (che molto probabilmente sarà negativo e costringerà il Governo a modificare la legge appena approvata).




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15 dicembre 2013 7 15 /12 /dicembre /2013 14:35

http://icons.iconarchive.com/icons/aha-soft/torrent/256/pirate-icon.pngTempi duri (senza doppi sensi) per gli utenti tedeschi di RedTube. Sono in moltissimi infatti ad aver ricevuto una lettera in cui gli si chiede di pagare 250 Euro come risarcimento per la visione di film protetti da diritti d'autore.

Tutta colpa del Tribunale di Colonia, che ha deciso di dare ai proprietari del copyright sui film hard gli stessi diritti che da tempo hanno le case di produzione dei film che escono nelle sale cinematografiche e che sono tutelati dalla minaccia della pirateria informatica tramite apposite leggi.

Probabilmente è il primo caso del genere e come tale è destinato ad essere da esempio per il futuro; gli avvocati che stanno difendendo gli utenti incriminati si sono già messi al lavoro indicando diverse anomalie.

Ad esempio, si parla di film in streaming e non di download vero e proprio e in questo caso è difficile per l'utente sapere che chi ha linkato il contenuto in realtà non ne aveva il diritto.

Ma è un altro il punto importante: come hanno fatto a scoprire l'identità di chi stava guardando i film in questione? Risalire agli IP degli utenti non è proprio un procedimento alla portata di tutti e il sospetto è che si sia usato qualche software-spia.

Ultimamente la privacy degli utenti è messa in serio pericolo da scandali di vario tipo e gli avvocati sembrano intenzionati a giocare anche questa carta per difendere i propri clienti.

Ma a parte le strategie legali la vera fonte di polemica è la nuova strategia adottata dalle case di produzione (siano queste famose per i film a luci rosse o no non ha importanza) e che attacca direttamente gli utenti piuttosto che prendersela con chi permette loro di usufruire di contenuti protetti dal copyright.

Di solito si procede facendo oscurare i siti colpevoli; stavolta però si è deciso di punire direttamente gli utenti, chiedendo a loro di pagare i danni subiti. Che sia questa la strada giusta per combattere la pirateria?  

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9 dicembre 2013 1 09 /12 /dicembre /2013 19:15

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/04/National_Security_Agency.svg/718px-National_Security_Agency.svg.pngOramai non passa giorno in cui non spunti qualche notizia relativa al DataGate e a come la National Security Agency sia riuscita nel corso degli anni a carpire dati da praticamente qualsiasi attività online attualmente in voga. 

L'ultima rivelazione di Edward Snowden ha però del clamoroso: sembra infatti che a essere messi sotto controllo fossero anche i videogiocatori.

Agenti della sicurezza inglesi avrebbero avuto la missione di giocare a World Of Warcraft e Second Life; non tanto perchè l'agenzia era interessata alle abitudini dei gamers, ma allo scopo di controllare cosa si dicessero e che genere di informazioni si scambiassero attraverso le piattaforme di instant messaging associate a questi giochi. 

Il pericolo che i potenziali terroristi potessero usare la chat dei giochi online per scambiarsi messaggi in codice sembra piuttosto remoto, ma la NSA nell'ambito del suo lavoro non ha lasciato niente al caso decidendo di interessarsi ad ogni mezzo di comunicazione utilizzabile dagli internauti.

Addirittura sui server di WoW ci sarebbero state più squadre di infiltrati pronti a carpire informazioni agli utenti, con le varie agenzie nazionali che si tenevano in contatto in modo da evitare di interferire l'una nel lavoro degli altri.

Perchè? Pensate un attimo alle chat vocali: riconoscere la voce di un sospettato potrebbe essere molto utile per sapere dove si trova in un certo momento (e pazienza se è improbabile che un pericoloso terrorista passi il tempo a chattare sui server dei giochi online).

Non c'è più niente di sicuro in giro per la rete? A quanto pare è così. La privacy degli utenti sembra essere sempre più un dettaglio e ogni giorno difenderla diventa più difficile; cosa fare per riuscire nell'impresa non dipende solo dagli utenti ma sopratutto da chi fornisce loro i servizi.

Molte aziende stanno iniziando a reagire, ma fanno sul serio o è solo un modo per tenersi buoni i clienti? Difficile dirlo. 


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8 dicembre 2013 7 08 /12 /dicembre /2013 17:32

Ancora pessime notizie per la privacy (e sempre per colpa del Datagate). Stavolta il problema riguarda i cellulari e a farne le spese sarebbero stati milioni di utenti in tutto il mondo, di cui sono stati tracciati gli spostamenti quotidiani.

La NSA si giustifica come al solito con la lotta la terrorismo. Il tracciamento dei dati di geolocalizzazione degli smartphones dei cittadini americani in giro per il mondo sarebbe necessario per individuare gli spostamenti dei sospettati di terrorismo e per ricostruire le loro relazioni con eventuali complici. 

Il tutto funzionerebbe in questo modo: io sospettato terrorista vengo intercettato tramite il mio smartphone e sono seguito metro per metro nei miei spostamenti; se durante i miei viaggi uno più utenti sono sempre vicini a me allora anche loro potrebbero essere potenziali terroristi e vengono automaticamente messi sotto osservazione dalla NSA.

http://cdn1.dottech.org/wp-content/uploads/2013/10/gps-tracking.jpg

 Uno schema questo che si ripete per ogni sospettato e che avrebbe portato alla National Security Agency la bellezza di 27 TeraByte di informazioni relative a 5 milioni di dispositivi seguiti quotidianamente in giro per il mondo.

A peggiorare le cose c'è un piccolo particolare: il problema non sarebbe nemmeno esclusivamente americano dal momento che ad essere sotto controllo erano anche eventuali terminali stranieri finiti per qualche motivo nel raggio d'azione di quelli messi sotto controllo.

Insomma sembra proprio che per gli utenti di qualsiasi oggetto tecnologico non ci sia più la minima sicurezza per quello che riguarda la privacy; però tutto sommato è un prezzo accettabile da pagare se grazie a questo sistema si riesce a vincere la guerra contro il terrorismo. 


  

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